PER UNA PEDAGOGIA DEL SUPPORTO EDUCATIVO PRECOCE ALLA GENITORIALITA’: L’ESPERIENZA DEL PROGETTO EDUCARE
Dott.ssa Mara Corallini – pedagogista
In che modo la pedagogia può promuovere la genitorialità e la relazione educativa precoce? L’essere umano è soggetto al cambiamento e dunque all’educabilità per tutto l’arco della sua esistenza, ma ci sono due fasi dell’esistenza che a mio avviso sono sensibilissime: il passaggio alla genitorialità e il periodo post-natale. In tale occasione sia l’adulto divenuto genitore che il bambino venuto al mondo mostrano bisogni educativi contingenti e complementari, poiché la relazione educativa che si instaurerà fra loro avrà importanti conseguenze in termini evolutivi sia per il bambino che per la famiglia.
La pedagogia può porsi come meta-riflessione privilegiata sulla relazione educativa precoce, al fine di individuare i bisogni primari degli interessati e possibili percorsi di formazione, che tengano conto della specificità del caso ed integrino i contributi delle diverse discipline e scienze umane.
In ambito filosofico Charles Taylor, a proposito della mente umana, esprime l’idea che essa abbia un’origine dialogica, e dunque sociale, come l’identità. La questione interessante è che tale teoria viene condivisa anche nell’ambito dell’Infant Research, da autori come D. Stern, Meltzoff, Trevarthen, che hanno teorizzato il concetto di “mente condivisa”.
B. Beebe e F.M. Lachmann hanno inoltre approfondito gli studi sulla modalità con cui genitore e neonato partecipano alla costruzione dell’intersoggettività. I contributi della Teoria dell’attaccamento hanno ampiamente dimostrato l’enorme importanza dei processi di sintonizzazione genitore-bambino per il futuro sviluppo psico-fisico del bambino.
Ma come tradurre tutti questi importanti studi in un approccio utile al neogenitore?
Favorire la sintonizzazione tra genitore e figlio, significa, come ben ci ha indicato T. B. Brazelton, aiutare il genitore a diventare consapevole delle competenze del proprio bambino e sensibile ai suoi bisogni, affinché possa rispondervi al meglio. I bambini imparano a trattare sé e gli altri a partire da come si sono sentiti trattare. Hanno bisogno di costruire un modello operativo interno attraverso la relazione quotidiana con le proprie figure di accudimento. Ma come in una matrioska, i genitori possono fare questo per i propri figli se a loro volto hanno ricevuto e ricevono un supporto. Per questo gli interventi educativi alla relazione educativa precoce devono sempre prevedere un doppio binario che tenga conto dei bisogni e dei processi paralleli e complementari tra genitori e figli, tra adulti e bambini.
Questo rappresenta un fattore di complessità che richiede un approccio ecologico-sistemico. Ma la sfida si gioca anche sulla dimensione temporale, perché le interazioni tra neogenitori e neonati hanno una caratteristica speciale: si fondano su un dialogo agito a vis-à-vis, che va a strutturare un “mondo micro-temporale” come lo definisce D. Stern. Dunque rendere un genitore consapevole dei meccanismi alla base della relazione tra sé e il proprio bambino richiede in primo luogo di suscitare in lui curiosità.
La prima indicazione pedagogica è quella di far nascere nel genitore la curiosità di scoprire la comunicazione segreta con il proprio bambino. Per fare questo bisogna modellare i genitori all’osservazione. Osservare significa imparare a percepire in modo nuovo, rallentando e focalizzandosi sul micro, lasciando da parte l’urgenza del fare. Imparare ad osservare porta con sé anche un altro apprendimento importante, l’imparare a “stare” o a “restare accanto”, di importanza fondamentale per la funzione di contenimento del bimbo nei momenti di disagio. L’osservazione poi diventa completa quando include l’osservatore, e dunque permette di cogliere il gioco di contingenze interattive tra educatore ed educando. Quando un adulto diviene consapevole di questa interdipendenza può dispiegare al meglio la genitorialità, valorizzando sia sé che le competenze del bambino. Il contatto visivo e il rispecchiamento reciproco in cui genitore e figlio s’incontrano, rappresenta l’esperienza cardine della relazione di attaccamento tra i due. Un buon attaccamento garantisce la strutturazione di un senso di sicurezza che a sua volta supporta uno sviluppo psico-fisico armonico del bambino ed una genitorialità salda nell’adulto.
La seconda indicazione pedagogica è quella di supportare il genitore a condividere affetti positivi con il bambino, impegnandosi in interazioni ed attività piacevoli. In un’epoca culturale in cui impera un modello tecnicista che spinge alla fretta produttiva, è utile invece contrapporre un modello umano, basato sul tempo lento della relazione, sul piacere del fare/stare insieme incondizionato, che possa fornire buoni rispecchiamenti affettivi agli interlocutori. In tal senso è utile far attenzione, anche in ambito educativo, a non cadere negli eccessi del didatticismo, poco utile ad uno sviluppo armonico delle persone. E’ utile invece recuperare il valore pedagogico del gioco, inteso come attività ludico-espressiva. Aiutare i genitori a giocare spesso richiede di riconnettere l’adulto con la parte infantile, aiutandolo a riconoscersi anche in parti di sé antiche.
La terza indicazione pedagogica è quella di incoraggiare i neogenitori a coltivare anche altri importanti spazi, come quello individuale e quello di coppia. Senza opportuni spazi di ricarica personale infatti, il genitore non può trovare la vitalità necessaria a sostenere l’impegno del ruolo genitoriale, così come una buona sintonia coniugale rappresenta un prerequisito imprescindibile per l’esercizio della co-genitorialità. Come ben dimostrano gli studi del gruppo di Losanna, una buona alleanza familiare dipende da come la coppia genitoriale struttura, coordina e vive le attività familiari.
La quarta indicazione pedagogica è di supportare i genitori a coltivare la socialità con altri neogenitori ed i loro figli. La condivisione dei vissuti aiuta a sentirsi meno soli ed il confronto delle esperienze supporta il senso di efficacia personale e la costruzione di legami che concorrono a strutturare delle reti sociali di sostegno alla famiglia. Non di meno anche i neonati hanno competenze sociali per cui beneficiano del contatto con altri bimbi e altri adulti.
La quinta indicazione pedagogica è accompagnare il genitore a comprendere l’essenza dell’educazione, come processo umano che accompagna l’esistenza e presuppone la capacità di cambiare in modo flessibile per cercare il miglior adattamento possibile all’ambiente. Non è scontato che l’adulto si sia fermato a riflettere su questo, ma nella transizione alla genitorialità, ciò diventa urgente poiché la condizione genitoriale pone in continuazione la persona di fronte a problemi da comprendere ed affrontare. L’esperienza della genitorialità apre al divenire, ma spesso tale dimensione è più contrastata che propiziata. Laddove i blocchi sono tali da impedire il fluire dell’apprendimento-cambiamento è compito del professionista pedagogico inviare a colleghi psicologi psicoterapeuti.
La mia esperienza di lavoro pedagogico con neo-genitori e neonati è iniziata con il Progetto EduCare, realizzato per conto del Tavolo Educativo territoriale del Comune di Fiume Veneto a partire dal 2014.
Il Progetto EduCare si propone di accogliere i nuovi nati e supportare i genitori promuovendo momenti di socializzazione ed educazione alla genitorialità aventi per focus la relazione genitore-bambino (finalità generale), secondo i seguenti obiettivi specifici (O) e rispettive azioni (A):
O1: Accoglienza dei nuovi nati e valorizzazione del ruolo sociale dei neo-genitori, con particolare riferimento alla promozione di un senso di appartenenza alla comunità.
A1a: presentazione del Progetto EduCare in sede di iscrizione anagrafica e raccolta del consenso genitoriale ad essere informati sulle iniziative progettuali (a cura del personale amministrativo).
A1b: invio da parte del sindaco di una lettera di invito alle attività progettuali programmate.
A1c: contatto telefonico e/o via mail di tutti i genitori che hanno sottoscritto il modulo di richiesta informazioni (a cura dell’operatore del progetto).
A1d: conferimento di attestato di partecipazione al percorso socio-educativo “Io e il mio bambino: alla scoperta della relazione educativa”.
O2: Promozione della socialità tra le famiglie dei neo-genitori, con particolare riferimento al contrasto del senso di solitudine ed isolamento nel periodo post-partum materno.
A2a: organizzazione di momenti formativi con forte valenza di socializzazione (percorso socio-educativo “Io e il mio bambino: alla scoperta della relazione educativa”, rivolto alle neomamme e ai loro neonati, incontro formativo “Quando nasce un papà”, rivolto ai neopadri).
A2b: creazione e gestione di un gruppo di contatto virtuale su piattaforma WhatsApp, per supportare le occasioni di contatto anche dopo il termine del percorso socio-educativo (supporto emotivo tra genitori, uscite comuni, …).
A2c: informazione sui gruppi genitori già attivi sul territorio.
O3: Sostegno educativo alla transizione degli adulti al ruolo e alla funzione genitoriale, con particolare riferimento al supporto educativo precoce alla relazione genitore-bambino.
A3a: organizzazione del percorso socio-educativo “Io e il mio bambino: alla scoperta della relazione educativa”, rivolto alle neomamme e ai loro neonati.
A3b: organizzazione dell’incontro formativo “Quando nasce un papà”, rivolto ai neopadri.
O4: Promozione delle informazioni sulla rete dei servizi e delle opportunità territoriali per le famiglie ed i minori.
A4a Invito di referenti e/o operatori dei servizi territoriali all’ultimo incontro del percorso socio-educativo.
A4b: inserimento nella mailing-list della newsletter dell’Ambito Distrettuale sulle iniziative territoriali.
O5: Prevenzione del disagio infantile e genitoriale.
A5a: sensibilizzazione e informazione sui servizi di primo livello e specialistici per l’intercettazione ed il trattamento del disagio infantile e genitoriale.
A5b: costruzione di invii mirati ai servizi di cui sopra, delle situazioni potenzialmente a rischio.
O6: promozione di una cultura pedagogica per l’infanzia e la famiglia.
A6a: organizzazione di momenti formativi per la comunità e/o per soggetti della rete (educatori, insegnanti, …)
A6b: partecipazione al Tavolo Educativo Territoriale.
Dopo una prima fase sperimentale, oltre alla ridefinizione di obiettivi e azioni progettuali, è stato possibile definire uno schema annuale di attività. Il programma attuale prevede l’attivazione annuale di due percorsi formativi in piccolo gruppo per le mamme con i loro neonati, denominato “Io e il mio bambino: alla scoperta della relazione educativa”. L’obiettivo è quello di offrire alle neomamme un luogo dove ritrovarsi insieme ad altre mamme, per poter condividere l’esperienza della maternità, con la guida di una figura pedagogica che supporti il gruppo attraverso un percorso che sia al contempo un’occasione di formazione su tematiche educative ma soprattutto un luogo dove le mamme possano socializzare. Il percorso formativo è strutturato in 6 incontri che si tengono nella palestra di psicomotricità della scuola dell’infanzia Maria Immacolata di Bannia, ente capofila per l’attuazione del progetto. La presenza dei neonati consente di fare di questo spazio un vero e proprio “laboratorio pedagogico” a partire dall’osservazione delle concrete interazioni madre-bambino. Le metodologie utilizzate sono l’osservazione partecipante, l’interlocuzione pedagogica, tecniche di video-feedback, tecniche di facilitazione di gruppo.
Viene inoltre organizzato anche un incontro rivolto ai papà, denominato “Quando nasce un papà”, al fine di creare un raccordo con l’esperienza fatta dalle mamme e stimolare il confronto di coppia. I gruppi vengono sostenuti affinché i legami creati vengano coltivati anche dopo il termine del percorso stesso, affinché si creino delle reti di supporto tra famiglie del territorio. Il percorso è anche un’occasione per far conoscere ai neogenitori il panorama dei servizi e delle opportunità presenti nel territorio, avviando o rinforzando così un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni, ma soprattutto per stimolare un coinvolgimento proattivo alla vita di comunità.
Credo che lavorare con questa fascia di popolazione rappresenti un privilegio e sempre di più sono convinta che è solo attraverso l’esperienza della Cura -(intesa come “prendersi cura”) che si impara ad “aver cura”.