IL MONDO INCANTATO DEI COMPITI: COME FAVORIRE ATTEGGIAMENTI POSITIVI NEI BAMBINI E NEI RAGAZZI (parte 2)

Molteplici possono essere i pensieri di un genitore che ruotano attorno all’argomento: “COMPITI PER CASA”…alcuni pensano che gli insegnanti li diano perché non hanno lavorato abbastanza in classe, altri che sono una punizione, altri un allenamento, altri ancora che sono troppi e quindi che non permettono di svolgere attività extrascolastiche o che addirittura sono troppo pochi. Differenti possono essere le posizioni, ma la domanda che almeno una volta tutti ci siamo posti è: MA A CHE COSA SERVONO??

I compiti hanno sia degli obiettivi primari che secondari.

OBIETTIVI PRIMARI:

Il compito per casa…

  • è un’attività di integrazione del lavoro svolto in classe.

Il bambino, infatti, sviluppa le sue competenze in parte con l’aiuto dell’insegnante a scuola, in parte con attività che svolge da solo o con l’aiuto dell’adulto. Tale aiuto rimanda ai concetti di “Zona di sviluppo prossimale” di Vijgotsky* e “Scaffolding” di Bruner*;

  • rende automatica una determinata abilità;
  • permette l’elaborazione personale di quanto sentito e sperimentato in classe. L’attività pomeridiana diventa l’opportunità per il bambino di avere uno spazio e un tempo per poter “digerire” ciò che l’insegnante ha “servito in tavola” durante la lezione, come sottolineato da Gianluca Daffi nel suo libro “Missione Compiti” ed. Erickson. Risulta quindi importante considerare che ogni bambino necessita di diversi tempi di riflessione personale per poter comprendere e far propri i concetti esposti in classe durante l’ora di lezione.

OBIETTIVI SECONDARI:

il compito per casa…

  • può essere l’occasione per mostrare a se stessi di essere in grado di trasformare quanto sentito in qualcosa di utile;
  • aumenta la percezione di competenza quindi il nostro senzo di AUTOEFFICACIA;
  • accresce la propria autodisciplina e contribuisce allo sviluppo dell’ AUTONOMIA;
  • coinvolge l’adulto di riferimento nel percorso scolastico, favorendo i momenti di incontro e scambio, importanti dal punto di vista della relazione e delle dinamiche famigliari.

Quindi assistere ai compiti significa stare vicino ai propri figli a tre livelli:

  1. in senso affettivo dove lo scopo non è il controllo ma il contatto;
  2. in senso metodologico suggerendo strategie utili senza però dare la soluzione immediata, finché non sarà autonomo;
  3. con l’aiuto diretto dove la quantità diminuisce progressivamente.

RICORDIAMOCI CHE…I FIGLI VIVONO LO SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITA’ DEI COMPITI CON LO STESSO SPIRITO CON IL QUALE IL GENITORE LO AFFIANCA IN QUESTA ATTIVITA’!

A CHE COSA DOBBIAMO PUNTARE COME EDUCATORI?

UNO SCALINO ALLA VOLTA PER ARRIVARE AD ESSERE E SENTIRSI COMPETENTE!!

 

*ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE (Vijgotsky): viene definita come la distanza fra il livello di sviluppo attuale di un individuo quando svolge un compito in autonomia, e il livello di sviluppo che lo stesso individuo può raggiungere quando svolge il medesimo compito con l’aiuto di un adulto o di un coetaneo più abile.

*SCAFFOLDING (Bruner): durante lo svolgimento dei compiti il bambino e l’adulto interagiscono in un contesto in cui l’adulto assume il ruolo di “scaffolding”: egli fornisce un’impalcatura temporanea che viene rimossa quando non è più necessaria.